ultimo aggiornamento 15/07/2020

Francesco Paolantoni: “Volevo fare l’attore sin da bambino. L’umorismo ha un carattere personale”

Intervista a cura di Rocco Della Corte




Attore e commediografo partenopeo, Francesco Paolantoni ha iniziato a lavorare in teatro negli anni Settanta, giovanissimo, e da allora non ha mai smesso. Comicità, cabaret, umorismo: tutte le forme della risata sono passate sotto la sua lente di ingrandimento. Fra film, trasmissioni televisive e spettacoli il suo impegno artistico è incessante. La sua definizione di “umorismo” concorda con quella di Achille Campanile, del quale ha commentato una “Tragedia in due battute”.

Francesco Paolantoni, lei ha iniziato alla Scuola d’Arte Drammatica del Circolo Artistico di Napoli. Come si è avvicinato alla recitazione e quando ha fatto della vena comica e umoristica il suo tratto distintivo?

Il mio avvicinamento alla recitazione è dovuto alla voglia che avevo sin da bambino di fare l’attore, sono cresciuto con Totò, Eduardo e i film americani. Appena avuta l’occasione, a 19 anni, mi sono iscritto alla scuola. Ho fatto di tutto, dai testi impegnati alle commedie napoletane e non, poi a un certo punto la mia vena ironica e dissacrante ha preso il sopravvento, e nel 1985 debuttai allo Zelig di Milano in coppia con Sarcinelli. Da lì in poi è cominciata la mia carriera di comico.

Le sue origini partenopee fanno sorgere spontanea una domanda: è vero o no che i meridionali, e i napoletani in particolari, hanno l’umorismo nel DNA?

I napoletani hanno indubbiamente un valore aggiunto, la teatralità insita nel DNA, la storia di mille difficoltà che hanno fatto crescere in loro l’aspetto ironico e beffardo e la commedia dell’arte che è la nascita del teatro comico.

Uno dei grandi maestri dell’umorismo fu Achille Campanile. Autore delle famose “Tragedie in due battute”, teorizzò una differenza sostanziale: l’umorismo è soggettivo, la comicità è oggettiva. Lavorando in questi due ambiti artistici, concorda con tale distinzione?

L’umorismo ha un carattere più personale e si differenzia di persona in persona anche in base alla cultura e alle proprie esperienza, la comicità invece spesso deriva da meccanismi oggettivamente classici.

A teatro ha lavorato su testi di grandi autori quali Totò ed Eduardo Scarpetta, ma ha anche scritto dei suoi personali testi: nella scelta delle parole, delle situazioni, degli argomenti dei monologhi come si prepara la miccia che poi esplode e provoca nel pubblico la risata?

Quando scrivo o invento gag e personaggi non faccio altro che costruire in maniera molto spontanea quello che a me divertirebbe vedere, sentire o leggere.

Concludo l’intervista con un gioco: le chiedo di commentare una “tragedia in due battute” di Campanile. “Primo personaggio: IL PASSANTE: Ma perché andate raccogliendo mozziconi per la strada? Secondo personaggio che risponde: IL CENCIOSO: Caro signore, sigari interi non mi riesce di trovarne”. Da attore comico e umoristico, come la immagina messa in scena e come commenterebbe una simile trovata teatrale?

È la genialità della semplicità, battuta spiazzante che ribalta il pensiero di chi si aspetterebbe una risposta più “logica”. Ma in realtà la vera logica è questa…


Intervista esclusiva a cura di Rocco Della Corte – Responsabile Ufficio Stampa e Comitato Scientifico “Campaniliana” – Rassegna Nazionale di Teatro & Letteratura – www.campaniliana.it. Si ringrazia Francesco Paolantoni per la disponibilità e la gentilezza.